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Biografia
Sono nato nel marzo del 1953 a Taranto, la città pugliese “dei due mari”. Quando avevo solo sei anni la mia famiglia (padre impiegato alle Ferrovie dello Stato, madre casalinga e due fratelli) si trasferì a Roma, ove da allora risiedo, ma ho conservato sempre un forte legame con le mie radici salentine.
Alle scuole medie superiori ero già determinato ad intraprendere gli studi universitari di Medicina e Chirurgia benché registrassi i profitti migliori nelle materie letterarie ed umanistiche, ma non ho mai percepito questo come un impedimento alla realizzazione del mio progetto. La mia convinzione infatti era che l’arte medica, pur avvalendosi largamente del sapere e degli strumenti mutuati dalle “scienze esatte”, dovesse necessariamente fondarsi su un solido corpus umanistico (antropologico, etico, epistemologico) per il solo fatto che il suo esercizio inevitabilmente implica lo stabilirsi di complessi e delicati rapporti tra persone umane diverse. E non ho mai ritenuto di dovermi ricredere anche negli anni che seguirono, quando le attività mediche sprofondarono velocemente nel dominio assoluto della tecnologia e nel rigido schematismo delle “linee guida”.
Il Sistema Nervoso, con i suoi straordinari requisiti funzionali,
lo incontrai nel secondo anno di studi universitari durante il corso
di Fisiologia Umana: fu amore a prima vista! Appresi allora che lo
stato di salute (per ogni tessuto, organo e apparato) risulta dal
corretto funzionamento dei sistemi di regolazione nervosa. Fui perciò
perplesso e deluso quando, con lo studio delle Patologie, le malattie
mi vennero invece descritte essenzialmente come lesioni cellulari
o d’organo, senza alcun cenno interessante la responsabilità
nervosa nei processi patogenetici.
Questa dissociazione tra una fisiologia improntata a modelli dinamico-funzionali
ed una patologia congelata sulla realtà della lesione anatomica
sollecitò la mia curiosità spingendomi ad impegnarmi
precocemente nella ricerca di evidenze che potessero dare origine
ad un pensiero fisiopatologico più organico ed unitario a fare
da guida alla mia attività medica.
Inizialmente identificai nelle problematiche della neuroriabilitazione
il terreno più fecondo per affrontare il tema del rapporto
tra lesione nervosa e perdita-recupero delle funzioni. Questo interesse
mi condusse a scegliere una tesi che affrontava alcune problematiche
neuroriabilitative (emergenti in quegli anni) discutendo la quale
nel 1981 conseguii la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università
“La Sapienza” di Roma. Successivamente mi iscrissi alla
Scuola di Specializzazione in Neurologia dello stesso Ateneo ove nel
1985 conseguii il diploma.
Negli anni che seguirono ho sempre mantenuto stabili rapporti con
il mondo della riabilitazione funzionale anche se, già nei
primi anni di professione, decisi di orientare curiosità ed
energie verso i temi della neuroregolazione delle funzioni biologiche
e della neuromodulazione terapeutica.
Per alcuni aspetti furono anni tutt’altro che facili. Le materie
oggetto del mio interesse erano ancora assai lontane dall’essere
contemplate nei programmi di formazione del medico e se ne potevano
repertare frammenti, estremamente dispersi, esclusivamente in alcuni
ambienti della ricerca clinica e sperimentale internazionale. Risultavano
perciò difficoltosi tanto il confronto con i Colleghi del mio
Istituto quanto la condivisione di protocolli di ricerca e di lavoro,
mentre il conseguimento di risultati apprezzabili rappresentava sempre
il frutto di una faticosissima attività di composizione di
un mosaico di evidenze scientifiche provenienti da tutto il mondo
(e questo quando ancora non esisteva internet a rendere più
semplici le cose!). Oltretutto nessuno dei miei docenti, immersi com’erano
nei programmi già tracciati dall’Istituto Accademico,
era disponibile a supportarmi con uno stabile impegno in quella direzione
della ricerca scientifica: se avessi voluto dedicarmi con coerenza
a quella sfera di interessi scientifici che tanto mi appassionavano
avrei dovuto cavarmela da solo!
Così, piuttosto che un percorso professionale chiuso nella
clinica neurologica universitaria e sostenuto da borse di studio o
da contratti di lavoro che fatalmente mi avrebbero immobilizzato in
quella sede, decisi di affrontare un lungo e faticoso periodo alla
ricerca di interlocutori nel nostro Paese ed all’estero. Questo
però mi diede l’opportunità di conoscere medici
di grande statura come Alberto Malliani, Eugenio Ferrari, Giuseppe
Tallarida, Otto Appenzeller, J.J. Bonica (e altri ancora che qui non
cito) verso i quali nutro tuttora riconoscenza per quanto ho ricevuto
e che mi ha consentito di strutturare un back-ground scientifico-culturale
ed una identità professionale che oggi in molti giudicano solida
e interessante.
Senza la rassicurante protezione dell’Istituzione Universitaria
trassi molto del coraggio che mi fu necessario da un’esperienza
fatta subito dopo la laurea: avevo conosciuto e visto all’opera
un medico tedesco (molto più anziano di me) che si dimostrò
capace di fronteggiare con estrema efficacia numerosi e diversi quadri
morbosi impiegando soltanto basse dosi di anestetici locali. Mi spiegò
che si trattava della Neuralterapia con Anestetici Locali, concepita
negli anni ’40-’50 dai fratelli medici tedeschi Huneke.
Intuii subito che quell’incontro sarebbe stato determinante
nel tracciare il mio percorso professionale. Compresi che il principale
bersaglio dell’anestetico locale, impiegato quale strumento
terapeutico, non poteva essere che il sistema nervoso e dunque che
nelle sue attività andava non solo ricercato il merito dell’equilibrio
“omeostatico” finalizzato al perseguimento dello stato
di salute, ma anche la responsabilità di processi patogenetici
alla base di numerose e diverse malattie. Immaginai quanta potenzialità
terapeutica (e a quali bassi costi) fosse implicata in quella impostazione
fisiopatologica e nella scelta di quello strumento di lavoro; quante
connessioni ancora sconosciute tra aspetti lontani del sapere biomedico
avrebbero potuto essere formulate e persino oggettivate; quale posizione
quel pensiero e quella prassi avrebbero potuto meritatamente occupare
nella Dottrina Medica.
L’enorme curiosità che quella esperienza mi aveva suscitato
ben presto mi trasformò in un originale esemplare di neurologo
che, piuttosto che occuparsi soltanto delle malattie canonicamente
“neurologiche” (epilessia, morbo di Parkinson, ecc), si
dedicava anche a ricercare la componente nervosa nella patogenesi
di malattie “non-neurologiche” (disturbi circolatori,
respiratori, digestivi, aritmie cardiache, insufficiente riparazione
di fratture o di lesioni di altro genere) ed a individuare la via
più razionale per ottenere una efficace neuromodulazione impiegando
anestetici locali.
Ho vissuto il periodo compreso tra gli anni ’80 e gli anni 2000
alla continua ricerca degli elementi che potessero costituire, in
tutti i settori specialistici della medicina clinica, il comune fondamento
scientifico ed etico di legittimazione della neuromodulazione terapeutica.
A partire dalla metà degli anni ’90 la ricerca biomedica
internazionale ha cominciato a esprimere sempre più importanti
e numerose evidenze scientifiche in questa stessa direzione, cosa
che ha contribuito a corroborare decisamente i miei sforzi ed a condurmi
rapidamente all’attenzione di numerosi Colleghi Medici, di settori
della stampa medico-scientifica e del giornalismo scientifico-divulgativo.
Per lunghi anni ho sostenuto con autentica passione seminari, lezioni,
tavole rotonde, conferenze e (cosa che mi ha largamente risarcito
della mancata “carriera” universitaria, tanto incompatibile
con le mie scelte) ho avuto la gratificazione di vedere farsi via
via sempre più numeroso, attento e qualificato l’auditorio
dei Colleghi.
Manifestandomi l’aspirazione a far parte di una ipotesi di lavoro
stabile e capace di consentire una crescita professionale collettiva
molti di essi mi hanno recentemente sollecitato a costituire ed a
presiedere una nuova società scientifica. E così, sulla
spinta di una sana e spontanea aspirazione alla ricerca realmente
libera in ambito medico-scientifico, nel novembre 2004 ha visto finalmente
la luce AIRTeNN (Associazione Italiana per la Ricerca sulle Terapie
Neurali e la Neuromodulazione) che, con tutte le difficoltà
materiali che sempre sono connesse alle scelte di libertà,
ho la gioia e la responsabilità di presiedere.