Rome American Hospital via E. Longoni 69 00155
Roma 335-5329138 06/22551-2255400
fax: 06/2285062
e-mail: claudiodellanna@tiscali.it

 

Biografia

Sono nato nel marzo del 1953 a Taranto, la città pugliese “dei due mari”. Quando avevo solo sei anni la mia famiglia (padre impiegato alle Ferrovie dello Stato, madre casalinga e due fratelli) si trasferì a Roma, ove da allora risiedo, ma ho conservato sempre un forte legame con le mie radici salentine.

Alle scuole medie superiori ero già determinato ad intraprendere gli studi universitari di Medicina e Chirurgia benché registrassi i profitti migliori nelle materie letterarie ed umanistiche, ma non ho mai percepito questo come un impedimento alla realizzazione del mio progetto. La mia convinzione infatti era che l’arte medica, pur avvalendosi largamente del sapere e degli strumenti mutuati dalle “scienze esatte”, dovesse necessariamente fondarsi su un solido corpus umanistico (antropologico, etico, epistemologico) per il solo fatto che il suo esercizio inevitabilmente implica lo stabilirsi di complessi e delicati rapporti tra persone umane diverse. E non ho mai ritenuto di dovermi ricredere anche negli anni che seguirono, quando le attività mediche sprofondarono velocemente nel dominio assoluto della tecnologia e nel rigido schematismo delle “linee guida”.

Il Sistema Nervoso, con i suoi straordinari requisiti funzionali, lo incontrai nel secondo anno di studi universitari durante il corso di Fisiologia Umana: fu amore a prima vista! Appresi allora che lo stato di salute (per ogni tessuto, organo e apparato) risulta dal corretto funzionamento dei sistemi di regolazione nervosa. Fui perciò perplesso e deluso quando, con lo studio delle Patologie, le malattie mi vennero invece descritte essenzialmente come lesioni cellulari o d’organo, senza alcun cenno interessante la responsabilità nervosa nei processi patogenetici.
Questa dissociazione tra una fisiologia improntata a modelli dinamico-funzionali ed una patologia congelata sulla realtà della lesione anatomica sollecitò la mia curiosità spingendomi ad impegnarmi precocemente nella ricerca di evidenze che potessero dare origine ad un pensiero fisiopatologico più organico ed unitario a fare da guida alla mia attività medica.
Inizialmente identificai nelle problematiche della neuroriabilitazione il terreno più fecondo per affrontare il tema del rapporto tra lesione nervosa e perdita-recupero delle funzioni. Questo interesse mi condusse a scegliere una tesi che affrontava alcune problematiche neuroriabilitative (emergenti in quegli anni) discutendo la quale nel 1981 conseguii la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Successivamente mi iscrissi alla Scuola di Specializzazione in Neurologia dello stesso Ateneo ove nel 1985 conseguii il diploma.
Negli anni che seguirono ho sempre mantenuto stabili rapporti con il mondo della riabilitazione funzionale anche se, già nei primi anni di professione, decisi di orientare curiosità ed energie verso i temi della neuroregolazione delle funzioni biologiche e della neuromodulazione terapeutica.
Per alcuni aspetti furono anni tutt’altro che facili. Le materie oggetto del mio interesse erano ancora assai lontane dall’essere contemplate nei programmi di formazione del medico e se ne potevano repertare frammenti, estremamente dispersi, esclusivamente in alcuni ambienti della ricerca clinica e sperimentale internazionale. Risultavano perciò difficoltosi tanto il confronto con i Colleghi del mio Istituto quanto la condivisione di protocolli di ricerca e di lavoro, mentre il conseguimento di risultati apprezzabili rappresentava sempre il frutto di una faticosissima attività di composizione di un mosaico di evidenze scientifiche provenienti da tutto il mondo (e questo quando ancora non esisteva internet a rendere più semplici le cose!). Oltretutto nessuno dei miei docenti, immersi com’erano nei programmi già tracciati dall’Istituto Accademico, era disponibile a supportarmi con uno stabile impegno in quella direzione della ricerca scientifica: se avessi voluto dedicarmi con coerenza a quella sfera di interessi scientifici che tanto mi appassionavano avrei dovuto cavarmela da solo!
Così, piuttosto che un percorso professionale chiuso nella clinica neurologica universitaria e sostenuto da borse di studio o da contratti di lavoro che fatalmente mi avrebbero immobilizzato in quella sede, decisi di affrontare un lungo e faticoso periodo alla ricerca di interlocutori nel nostro Paese ed all’estero. Questo però mi diede l’opportunità di conoscere medici di grande statura come Alberto Malliani, Eugenio Ferrari, Giuseppe Tallarida, Otto Appenzeller, J.J. Bonica (e altri ancora che qui non cito) verso i quali nutro tuttora riconoscenza per quanto ho ricevuto e che mi ha consentito di strutturare un back-ground scientifico-culturale ed una identità professionale che oggi in molti giudicano solida e interessante.
Senza la rassicurante protezione dell’Istituzione Universitaria trassi molto del coraggio che mi fu necessario da un’esperienza fatta subito dopo la laurea: avevo conosciuto e visto all’opera un medico tedesco (molto più anziano di me) che si dimostrò capace di fronteggiare con estrema efficacia numerosi e diversi quadri morbosi impiegando soltanto basse dosi di anestetici locali. Mi spiegò che si trattava della Neuralterapia con Anestetici Locali, concepita negli anni ’40-’50 dai fratelli medici tedeschi Huneke. Intuii subito che quell’incontro sarebbe stato determinante nel tracciare il mio percorso professionale. Compresi che il principale bersaglio dell’anestetico locale, impiegato quale strumento terapeutico, non poteva essere che il sistema nervoso e dunque che nelle sue attività andava non solo ricercato il merito dell’equilibrio “omeostatico” finalizzato al perseguimento dello stato di salute, ma anche la responsabilità di processi patogenetici alla base di numerose e diverse malattie. Immaginai quanta potenzialità terapeutica (e a quali bassi costi) fosse implicata in quella impostazione fisiopatologica e nella scelta di quello strumento di lavoro; quante connessioni ancora sconosciute tra aspetti lontani del sapere biomedico avrebbero potuto essere formulate e persino oggettivate; quale posizione quel pensiero e quella prassi avrebbero potuto meritatamente occupare nella Dottrina Medica.
L’enorme curiosità che quella esperienza mi aveva suscitato ben presto mi trasformò in un originale esemplare di neurologo che, piuttosto che occuparsi soltanto delle malattie canonicamente “neurologiche” (epilessia, morbo di Parkinson, ecc), si dedicava anche a ricercare la componente nervosa nella patogenesi di malattie “non-neurologiche” (disturbi circolatori, respiratori, digestivi, aritmie cardiache, insufficiente riparazione di fratture o di lesioni di altro genere) ed a individuare la via più razionale per ottenere una efficace neuromodulazione impiegando anestetici locali.
Ho vissuto il periodo compreso tra gli anni ’80 e gli anni 2000 alla continua ricerca degli elementi che potessero costituire, in tutti i settori specialistici della medicina clinica, il comune fondamento scientifico ed etico di legittimazione della neuromodulazione terapeutica. A partire dalla metà degli anni ’90 la ricerca biomedica internazionale ha cominciato a esprimere sempre più importanti e numerose evidenze scientifiche in questa stessa direzione, cosa che ha contribuito a corroborare decisamente i miei sforzi ed a condurmi rapidamente all’attenzione di numerosi Colleghi Medici, di settori della stampa medico-scientifica e del giornalismo scientifico-divulgativo.
Per lunghi anni ho sostenuto con autentica passione seminari, lezioni, tavole rotonde, conferenze e (cosa che mi ha largamente risarcito della mancata “carriera” universitaria, tanto incompatibile con le mie scelte) ho avuto la gratificazione di vedere farsi via via sempre più numeroso, attento e qualificato l’auditorio dei Colleghi.
Manifestandomi l’aspirazione a far parte di una ipotesi di lavoro stabile e capace di consentire una crescita professionale collettiva molti di essi mi hanno recentemente sollecitato a costituire ed a presiedere una nuova società scientifica. E così, sulla spinta di una sana e spontanea aspirazione alla ricerca realmente libera in ambito medico-scientifico, nel novembre 2004 ha visto finalmente la luce AIRTeNN (Associazione Italiana per la Ricerca sulle Terapie Neurali e la Neuromodulazione) che, con tutte le difficoltà materiali che sempre sono connesse alle scelte di libertà, ho la gioia e la responsabilità di presiedere.